Racconti online La locomotiva
Racconti online La Locomotiva – Racconti curiosi
Compiere viaggi via terra all’interno del Perù è sempre stato e sempre sarà molto avventuroso oltre che interessante. I territori che si attraversano durante questo viaggio in Peru, sia montagnosi che desertici, sono affascinanti e non si dimenticano facilmente. Altrettanto difficili da dimenticare sono le avventure, piccole o grandi che siano, che ti capitano durante questo meraviglioso viaggio. Sono loro che, oltre a regalarti un nuovo ricordo, ti segnano l’anima. Sono anche loro che ogni mattina ti fanno ridere, pensare, piangere e seppur passino gli anni queste sensazioni restano vive in noi, non si cancellano. In Racconti Online La Locomotiva voglio dunque parlarvi di una nuova avventura, nuova per voi, non per me poiché da allora sono passati un mucchio di anni.
Racconti Online La Locomotiva
Quell’anno stavo facendo il giro classico Lima – Arequipa – Puno – con tutta la mia famiglia: mia moglie e le mie tre figlie, che all’epoca erano rispettivamente una poco più che adolescente, un’altra frequentava la scuola elementare e, dulcis in fundo la più piccola andava all’asilo. Fu un viaggio pieno d’imprevisti, come potete immaginare, anche perché avevamo deciso di farlo tutto via terra affidandoci esclusivamente alle compagnie di trasporto locali, pullman e treni.
Non voglio raccontarvi tutto in una volta quello che accadde in quel memorabile viaggio, voglio soffermarmi sulla tratta Puno-Cuzco compiuta a bordo di questo bellissimo treno turistico e super lussuoso, su cui non ero mai salito poiché lo avevo sempre snobbato nei miei precedenti viaggi. Treno su cui misi timorosamente piede con la mia famiglia, fu così che andò:
Giunto a Puno, essendo quel giorno mia moglie ed io massacrati e distrutti, tipo “turisti fai da te, no Alpitur”, dai chilometri percorsi a bordi degli autobus antidiluviani disponibili all’epoca e che ci avevano tolto ogni energia, ( senza aggiungere nessun commento sulle tre figlie che con il loro carattere impulsivo non avevano di certo facilitato il nostro viaggio sino a quel momento ), pur volendo fermami in quella splendida cittadina per qualche giorno, avevo acquistato comunque immediatamente quei carissimi biglietti ferroviari sapendo che successivamente avrei potuto pentirmene poiché avevo sempre preferito viaggiare con mezzi locali non turistici, a contatto con le persone del posto.
Bellissimo era conoscere gente normale che si spostava per lavoro o per necessità, condividere con loro una malridotta corriera o il passaggio su una camionetta, insomma, qualcosa che mi avvicinava a loro, al loro modo di vivere, di vedere la vita, di affrontare la giornata qualcosa insomma di non dedicato ai turisti. Passammo quindi qualche giorno a Puno, all’epoca capitammo in quella cittadina proprio nei giorni in cui ricorreva la festa della Candelaria.
La città era piena di gente del luogo oltre che di turisti. Avete presente il carnevale di Rio? La festa della Candelaria ne è la versione Andina e posso assicuravi che è un grande spettacolo!
Si svolge tutti gli anni in febbraio per festeggiare la Madonna della Candelaria, ma torniamo al punto, perché La Candelaria è un’altra storia, mentre qua stiamo parlando di: Racconti Online La Locomotiva. Siamo dunque partiti da Puno alla mattina del 5° giorno, il treno partiva all’alba poiché il viaggio sino a Cusco durava circa 10 ore imprevisti a parte.
Quando entro in un treno ho sempre la sensazione di entrare in un ascensore, in una cella frigorifera, in un container, ma quando sono salito su questo incredibile treno è stato tutta un’altra cosa. Ho avuto la sensazione di entrare in un salotto dell’epoca vittoriana, è stato come se il tempo fosse tornato improvvisamente indietro per me e per i miei familiari, solo per noi però!
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Lampadari a goggia, divani di velluto, comode poltrone, tavolini posizionati come in un bistro di Parigi, camerieri in guanti bianchi. Ho pensato: – Non sarà tipico ma sicuramente mi riposerò. –
In questo treno, servito e riverito, potevi mangiare a qualsiasi ora cibo di ottima qualità. La locomotiva che trainava il treno era lenta, lentissima, quindi potevi godere con calma di tutti i paesaggi che ti può offrire l’altiplano Andino.
Le mie figlie erano entusiaste. Non vi dico la loro felicità nello scoprire tutti quei confort sino ad allora negati loro dagli spartani genitori! Si divertivano a fotografare i greggi di alpaca e di llama. L’ultimo vagone era tutto di cristallo, si poteva godere appieno del paesaggio e fotografare in comodità. Dulcis in fundo quel benedetto treno aveva anche il famoso balconcino tipico dei treni nel vecchio far west, dove lo spazio per affacciarsi era sufficiente per due o tre persone.
Come da rituale, questo splendido balconcino era quasi sempre occupato dalle mie tre pesti che se lo contendevano con due turisti giapponesi che sembrava avessero come unico scopo della vita fare fotografie a raffica. I due nipponici, sempre sorridenti, non si erano accorti che, a causa di quella concorrenza per il posto, avevano suscitato nelle mie tre figlie un astio profondo.
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Le mie piccoline concedevano il posto sul famoso balconcino ai due malcapitati di quando in quando, solo sotto mio preciso comando, odiando un poco anche me. Dovete sapere che questo treno attraversava, in quel suo lungo tragitto solitario, i piccoli pueblos posizionati lungo la sua rotta, passando proprio nel cuore di questi piccoli agglomerati urbani, se così si potevano definire.
Quando lo faceva rallentava considerevolmente e la sua velocità si riduceva all’equivalente di una leggera corsa di bambino. I bambini dei vari pueblos, all’ora del passaggio del mezzo meccanico, si affollavano lungo i binari attendendo di vedere il mostro d’acciaio che tagliava in due il loro tranquillo paesino.
Fu proprio lo sguardo adulto di questi bambini poveramente vestiti, con grandi scarpe fatte di copertoni e vecchi cappelli di feltro troppo grandi per loro, che mi fecero ricordare la famosissima canzone di …
Avete presente il treno pieno di signori preso di mira dall’eroico anarchico? Ecco, io mi trovavo a bordo dell’omonimo treno della canzone, da me ripetutamente cantata a squarcia gola ai concerti del grande Francesco. Vi devo dire la verità, mi sono sentito inadeguato.
Quel treno era un’offesa alla povertà che attraversava ed io ne facevo parte. In quell’occasione compresi appieno la verità espressa dalla canzone e mi vergognai. Mi vergognai del mio benessere di straniero che vedevo riflesso negli occhi di quei bambini che ci guardavano con un leggero disprezzo direi, velato però da un sorrisetto che oggi come allora definirei ironico.
Essendo cresciuto in un quartiere popolare, in quel mio primo incontro di sguardi con quei bambini, non avevo tardato neanche un attimo ad interpretare quel malcelato sorriso poiché mi ricordava il ghigno dei miei amichetti d’infanzia e mio quando progettavamo qualche malefatta. Richiamai così prudentemente dentro allo scompartimento la mia donna e le mie tre figliole che abbandonarono a malincuore la postazione tanto combattuta sopra al balconcino.
Posizione occupata immediatamente dai due concorrenti giapponesi affamati di immagini. In realtà non sapevo cosa sarebbe successo ne potevo prevederlo, avevo solo uno strano presentimento dettato dal mio retaggio culturale proletario. Tentai di mettere a parte dei miei timori i due giappo ma credo che non mi capirono o forse fecero finta di non capire continuando a sorridere ed a muovere la testa con fare benevolo.
Può darsi che in quell’occasione io non sia stato molto insistente nel tentare di convincerli perché in fondo, in cuor mio, godevo all’idea che qualcuno pagasse quel debito carmico che sentivo pesarmi sulle spalle. Dicendola tutta ero anche curioso di vedere se il mio sospetto si sarebbe avverato e cosa sarebbe successo, cosa impossibile da verificare se il balconcino fosse stato vuoto. Il fatto non tardò a verificarsi.
Da due baracche di legno e fango sorte al bordo delle rotaie, come richiamati da un segnale sconosciuto dei loro amichetti in avanguardia ai bordi delle rotaie, uscì un gruppo di mocciosi armati di altrettanti secchi pieni d’acqua, non esattamente limpida.
Con uno scatto repentino degno di un centometrista, calcolando pure le scarpe di copertone non proprio adatte alla corsa, il peso dei secchi d’acqua, l’età, non avevano più di 10 anni, calcolai, e l’altura intorno ai 3000 metri, si avvicinarono ad una velocità sorprendente al balconcino occupato dai due sorridenti asiatici e fecero il gavettone più spettacolare che io abbia mai visto. Dovevano essere dei professionisti del gavettone perché non una sola goccia d’acqua andò sprecata.
L’equivalente di circa una quarantina di litri di liquido sporco si riversò sui due malcapitati turisti che a dire la verità non si arrabbiarono poi più di tanto, non sul momento almeno. Per il resto del viaggio persero comunque il loro amabile sorriso e forse chissà, dato che era così statico, lo persero per sempre!
Sorriso che invece rimase stampato sulle labbra delle mie tre creature, pure lui per sempre, che come potete immaginare se la godevano e se la ridevano senza nessun pudore. Mentre il treno si allontanava dal villaggio il mio sguardo si fissò sui ragazzini peruviani.
Mi colpì la loro soddisfazione per aver portato a termine la loro bravata e mi fecero una incredibile tenerezza, per un attimo paragonai la loro vita con quella dei loro coetanei occidentali, solo per un attimo…….e intanto corre corre corre la locomotiva…..
Questo è tutto per oggi, spero che Racconti Online La Locomotiva vi sia piaciuto e via abbia trasportato in altri tempi con me!
Alla prossima ragazzi, ciao Mario
Abbigliamento etnico La Mamita
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